martedì 31 gennaio 2012

Alchimie in musica

"The Alchemist"
Mino Lanzieri

Mino Lanzieri - guitar
Gene Jackson - drums
Reuben Rogers - double bass
Francesco Nastro - piano

Il Jazz è morto. Così almeno dice qualcuno, da qualche tempo; solo che non è affatto vero: per rendersene conto basta ascoltare questo disco, che fuga ogni dubbio a riguardo. La conferma che non solo il Jazz è vivo e vegeto, ma gode davvero di ottima salute quando i musicisti coinvolti sono  preparati e si rendono protagonisti ed attori di un progetto completo, dal punto di vista compositivo ed esecutivo; qui i 'componenti chimici' sono l'interplay, la ricchezza di idee, la fluidità delle emozioni, l'energia che emana da questo quartetto italo-americano, capeggiato dall'alchimista Mino Lanzieri. "Il progetto 'The Alchesmist' nasce circa 2 anni fa. Ero appena rientrato dagli USA,  un viaggio molto formativo per me" dichiara Lanzieri "un po' come il viaggio del giovane pastore, protagonista de 'L'Alchimista' di Paolo Coelho. Tra New York e Boston ho seguito, collaborato, suonato con tantissimi musicisti, ma soprattutto composto molto. Infatti quasi ogni notte mi ritrovavo con chitarra e pentagramma ad aver qualcosa da scrivere, da appuntare, quasi come scrivere un diario". 

Oriana De Iulio di Maidin Itali ha intervistato Mino Lanzieri. Gli ha chiesto di raccontarci del suo percorso musicale, oltre che di questo nuovo lavoro, "The Alchemist" - Silta Record.

Mino Lanzieri come nasce il suo amore per  il jazz?
“Da piccolo! la prima chitarra mi è stata regalata all’età di tre anni da mio zio che mi iniziò alla musica jazz.  I primi due dischi che ho ascoltato sono stati “I love supreme” di John Coltrane e “Rejoicing” di Pat Metheny e posso dire che sono ancora oggi i miei dischi preferiti. Il vero e proprio studio nasce all’età di quindici anni; i miei maestri sono stati Umberto Fiorentino prima e Francesco Nastro poi, figure fondamentali per il mio sviluppo musicale. Ma a Napoli ho avuto comunque tanti altri musicisti che mi hanno aiutato ed ispirato ad esempio Pietro Condorelli, che considero un vero e proprio Guru della chitarra jazz  e che sembra avere sempre la risposta giusta ad ogni domanda; ancora Giovanni Amato,Aldo Farias,Gianluigi Goglia e tanti altri che spesso temo di dimenticare.” 

Qual è, per lei, il ruolo della didattica nel jazz? 
“Bella domanda!. Anche se ci sono tante scuole buone e ben organizzate, dove poter studiare il jazz, quest’arte resta per me una tradizione soprattutto orale. Il vero modo per imparare è ascoltare i dischi e trascrivere quello che hanno suonato i grandi e magari creare le proprie idee musicali, il proprio fraseggio, nel modo più personale e libero possibile. Per questo credo che il linguaggio del jazz si impara essenzialmente dai dischi ed anche e soprattutto trascrivendo e suonando insieme ad altri. Sono sicuro che le cose più importanti le ho imparate  durante le jam session, dialogando con i grandi che suonavano e soprattutto stando insieme a loro nei backstage.E questo mi ha fatto crescere tanto,soprattutto durante il periodo trascorso in America. Il jazz và vissuto, respirato vivendo ogni giorno e acquisendo una forma mentis che accomuna tutti noi musicisti.”

Quando lei parla di “forma mentis” si rifà a stereotipi che caratterizzano il musicista jazz, lei rientra in questi standard? 
“Nel tempo si è consolidata l’immagine del musicista che fa tardi la notte, magari fa uso di alcool e droga, ma che soprattutto vive solo per la propria arte, sacrificando per essa tutti gli altri aspetti della propria vita. Oggi, credo che un musicista non possa essere solo questo! Anzi percorrere la strada di quella che viene definita, tra virgolette, gente comune, oggi forse è diventata la cosa più difficile. Credo che la musica si cibi proprio delle persone che ci sono accanto, della propria famiglia, degli amici, di una persona speciale; tutto ciò non può che arricchire la tua musica, è renderla più completa.” 

Quali sono le sue principali influenze musicali?
Ce ne sono veramente tante. Traggo spunto sicuramente da quegli artisti che si possono annoverare nella schiera dei musicisti tra virgolette moderni, tra questi ricordo: John Scofield,John Abercrombie,Pat Metheny,Janathan Kreisberg,  che è stato anche uno dei miei maestri a New York , Kurt Rosenwinkel, Brad  Mehldau, Chris Potter e tanti altri. Ma l’influenza principale sicuramente viene dal jazz tradizionale: tra i chitarristi Wes Montgomery,Jim Hall,Joe Pass,Pat Martino,Clint Strong e poi Charlie Parker ,Trane,Miles ,Sony Rollins,Sonny stitt,Freddie Hubbard ecc ,i grandi pianisti da Bud Powell a Bill Evans ,Keit Jarrett,Herbie Hancok ,Cick Corea,Paul Bley.
Riguardo la composizione,le influenze maggiori vengono sicuramente da Kenny Wheeler,Wayne Shorter ,Steve Swallow e Bach.

Cinque anni fa usciva il suo primo disco “Things I See”, da poco si sono concluse le registrazioni del suo nuovo album, quali sono le idee alla base di questo progetto? 
L’ispirazione nasce durante il periodo vissuto  in America, posso dire  che almeno la metà dei pezzi sono stati scritti lì. Quindi sicuramente c’è molto di “americano” considerando anche che la ritmica basso-batteria è composta da due grandissimi della scena jazz internazionale: Gene Jackson e Reuben Rogers.Ma credo sia anche un disco più maturo da parte mia,ricco di nuove esperienze e racchiuda un quadro abbastanza fedele del mio modo di improvvisare ,soprattutto su composizioni originali. Questa è sempre una gran bella sfida. 

Un legame quindi con la tradizione, ma anche una forte voglia di sperimentazione.
“Nel mio disco ho cercato di unire la tradizione con l’innovazione, questo nasce dagli influssi che ho assorbito in America, dove c’è molta più propensione all’innovazione; cito per fare qualche esempio Monk che scriveva e suonava musica in maniera inusuale per la sua epoca, ma ha scritto nuove pagine nella storia del jazz  o lo stesso Charlie Parker un  vero e proprio innovatore e rivoluzionario per i suoi tempi. Credo che il jazz sia, non solo un linguaggio musicale, ma una vera e propria filosofia di vita. La tradizione va indubbiamente studiata fino in fondo e con passione, ma credo che poi debba diventare la base su cui sviluppare il proprio pensiero. In realtà non si inventa nulla, è solo un assecondare la propria personalità, è un far proprio ciò che si interiorizza con il tempo. Ognuno deve fare la “propria” musica chiedendosi poi se questa lo rappresenti.” 

Quali le collaborazioni?
“Il progetto nasce in co-produzione con la Csmjc, che tra l’altro è anche la scuola dove insegno a Pompei, è senza dubbio una delle realtà più giovani ed interessanti nel campo della didattica in Campania. Grazie a loro ed in particolare a Marzio Langella ho avuto la possibilità di collaborare con questi grandi musicisti che sono venuti direttamente da New York proprio per questo progetto, oltre al mio amico di sempre Francesco Nastro uno dei pianisti più importanti del panorama italiano e non solo. E’ stata un esperienza indimenticabile, per la sinergia, per lo spirito che si respirava durante le registrazioni.” 

“The Alchimist” è una delle tracce del suo nuovo lavoro, un riferimento esplicito al libro di Coelho “L'alchimista”, perché questo riferimento? 
“Sono un appassionato lettore di  Paolo Coelho, ho letto quasi tutto e L’alchimista è uno dei miei libri preferiti. Mi ha colpito molto il messaggio del libro: il percorso che noi intraprendiamo per raggiungere i nostri obiettivi  è quello che ci arricchisce veramente più della meta stessa. In realtà ho dovuto affrontare tante di quelle difficoltà per finire le registrazioni di questo disco che alla fine è diventato un po’ il senso di tutto l’album. Ho scoperto il valore dell’amicizia e ho avvertito tutto l’affetto della mia famiglia. Citando  Jim Hall “La chitarra è importante solo come parte della musica,cosi come la musica è importante solo come parte della vita”.

A chi deve dire grazie per la realizzazione di questo disco? 
“Al di là di chi mi ha permesso economicamente di realizzarlo, mi sento di ringraziare soprattutto la mia famiglia per avermi trasmesso il senso di libertà che ti dà la possibilità di inseguire i propri sogni a discapito di quella che può essere considerata la sicurezza sociale, data dai ruoli che ognuno  ricopre nel contesto in cui vive, che ti danno delle certezze ma non la felicità!”

Come giudica la situazione del jazz a Napoli? 
“Ma guardi, sinceramente ci sono una quantità di bravi musicisti, soprattutto nell’area napoli- salerno; il problema è emergere, perché purtroppo c’è un monopolio per quanto riguarda le scelte delle direzioni artistiche e questo fa si che le nuove generazioni trovino molte difficoltà a venir fuori. Questa per me è la vera pecca del contesto campano.”  (Oriana De Iulio) 




venerdì 27 gennaio 2012

Piccole Case Editrici crescono

Su Il Velino - Agenzia Giornalistica
l'intervista a Stefania Lovati, che ci parla della 0111 Edizioni.

LIBRI, CASA EDITRICE DI VARESE INVESTE SU NAPOLI

Napoli - Stefania Lovati, titolare della 0111 edizioni di Varese, racconta al Velino i nuovi progetti della sua casa editrice con un radicamento sul territorio campano.

Lovati, come nasce e come si consolida un progetto come la 0111 edizioni?"Sicuramente nasce per passione. Il mio amore per la lettura mi ha portato a gestire prima un'associazione culturale e poi un'agenzia letteraria. Dopo un anno di vita, durante il quale hanno preso vita un consistente numero di iniziative, abbiamo sentito l'esigenza du creare una casa editrice la 0111 edizioni appunto con lo scopo di appoggiare e sostenere i nuovi autori, diventando in questo modo un vero e proprio trampolino di lancio. Uno dei nostri obiettivi è segnalare alle case editrici più grandi ed importanti alcuni dei nostri migliori autori, dando in questo modo maggior possibilità di risalto a scrittori esordienti".

C'è un'attenzione anche al settore dell'editoria multimediale?"Sì, per due motivi fondamentali: in primo luogo perché è il settore del momento e quindi non seguirlo significa restare fuori dal mercato e perdendo senza dubbio una buona occasione e poi perché l'ebook ha sicuramente un forte impatto promozionale e un buon ritorno di pubblicità. Abbiamo poi inaugurato una collana di audio libri per persone con problemi di vista e le dirò di più stiamo valutando l'idea di creare una linea editoriale per libri scritti da autori non vedenti parallela a quelle già esistenti.

Si è creato in questi mesi un legame professionale tra la 0111 e la Campania."Assolutamente sì. Abbiamo deciso di guardare con interesse alla produzione di giovani autori campani, solo negli ultimi mesi sono in uscita ben 4 libri di autori napoletani. Abbiamo affidato inoltre la gestione del nostro ufficio stampa ad una associazione culturale partenopea nata da poco la MaidinItali-Management creativo che cura appunto i rapporti con la stampa e le pubbliche relazioni".   (ilVelino/AGV)